Psiche, soma e psiche

PSICHE & SOCIETA’ ROBERTO CAFISO

 

E’ possibile evitare i nostri stessi sentimenti ? Fare in modo di non sentirli, per restare ancorati al freddo calcolo della realtà ? All’analisi delle circostanze ? E’ il tentativo di non poche persone, protese ad evitare interferenze al loro stile di vita funzionale  al raggiungimento di scopi cosiddetti concreti. Una vita spesa nello slalom di stati di sovraccarico o di tensione. Tenersene alla larga sembra una corsa ad ostacoli che può  durare  l’intera esistenza.

 

Abbiamo così l’impressione del tutto arbitraria che la fluidità del sentire è associate ad eventi buoni, mentre  l’ansia è connotata  agli  eventi cattivi e va perciò evitata ad ogni costo. Una separazione molto poco rispondente al concetto di sentimento, visto che esso comprende ora una stasi che ci carezza, ora  una sollecitazione che ci spinge in avanti e che è, essa stessa, tentativo di superamento di un conflitto, di un sovraccarico emotivo.

 

L’origine arcaica dei nostri sentimenti è il corpo. Ad un livello ancora più microscopico le nostre cellule componenti parti del nostro corpo, che sono in vita come singoli organismi  che si aggregano e cooperano al livello somatico della nostra vita, un livello che talvolta  ci pare un  limite e che ha visto nell’ideale secolare della trascendenza il tentativo di superare il proprio corpo, per arrivare ad una quota che ci sembra vicina a Dio, ciò che consideriamo  spiritualità pura.

 

I contenuti dei sentimenti sono invece aspetti dello stato corporeo che una cultura oscurantista e pseudo –mistica  ha deciso che dovevamo rinnegare, assieme a tutta la dimensione somatosensitiva che non “leggiamo” e comprendiamo e dunque ripudiamo. Il linguaggio del corpo e quello dei sentimenti non sono materie che si insegnano a scuola. La valenza positiva / negativa che diamo al sentire  e la loro intensità, espressione temperamentale,  non aiutano molti di noi  ad armonizzare l’intera dimensione  sentimentale  ed emozionale. Una vera stortura del nostro modo di esistere.

 

Sappiamo inoltre che le cellule nervose delle regione cerebrali somatosensitive e le vie nervose che trasmettono al cervello i segnali afferenti dal corpo non sono, come sostiene Damasio, componenti hardware  per loro natura neutrali. E’ più verosimile invece che esse diano un contributo alla qualità delle percezioni che appunto denominiamo sentimenti. C’è una differenza del tutto speculativa tra emozioni e sentimenti, è vero. Essa deriva da un distinguo tra la trama automatica ed innata delle prime e quella elaborata  mentalmente   di uno stato fluido o di intoppo psico – fisico dei  secondi. Tuttavia una volta definite le caratteristiche è bene sempre e comunque rimettere insieme le parti del meccanismo che vive assemblato e costituisce un’unità di funzionamento  inseparabile.

 

Dovremmo  perciò , oltre lo studio di certi meccanismi , semplicizzare chiamando gli uni e gli altri solamente  affetti. Chi li vive può certo non conoscerne l’anatomia o la fisiologia delle parti costituenti, ma ha capito  che la vita ha una dimensione unica ed  inscindibile che gli  dà senso e sapore . Gli affetti a volte ci esaltano, altre volte ci fanno male per mille motivi. Creano fluidità e tensione e il sapere navigare su ogni moto di questo mare rende alcuni forse più competenti di altri, sicuramente più appagati . Accettare la natura fisica di questa dimensione senza contrapporla a quella  spirituale che pure brilla, significa dare una direzione equilibrata all’intera vita ed una propagazione di modelli educativi dove ci si può dare del tu e dove il proprio corpo non è visto come un ingombrante  involucro che si disfà giorno dopo giorno e   che costringe   ciò che ci pare la nostra essenza. Una visione dell’essere umano   fuorviante oltreché dannosa, che ci impedisce di ascoltarci ed armonizzarci.

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