Psiche ed invecchiamento senza speranza

 psiche & società

ROBERTO CAFISO

 

Si dice che la speranza sia l’ultima a morire. Ovviamente a patto che si sappia ancora sperare, visto che con l’avanzare dell’età la disillusione diventa  spesso il filtro di lettura  dei fatti e delle persone, conferendo alla vita una patina di scontata diffidenza.  Quando si invecchia male e si trasuda l’idea di ineluttabilità, l’esistenza  non  è  confortante  ed i giovani,   che d’ altro avrebbero bisogno , assistono alla negazione  di ogni fiducia.

 

Si dice anche che i vecchi diventino saggi. Ma sarebbe meglio non farne una regola. Occorre vedere come si arriva a certe età: quando si è sfiduciati e risentiti con la vita di solito la saggezza lascia il posto all’intolleranza. Quando i conti non tornano ed i bilanci sono deludenti,  gli esseri umani senza volerlo si incattiviscono e fanno di tutta l’erba un fascio, accanendosi  su un giudizio malevolo  e inappellabile  sui propri simili.

 

Vivere facendo solo i conti sulle cose e rammentando magari solo quelle andate storte  rispetto ai proprie aspettative,  è un approccio  ragionieristico che non rende merito all’imponderabilità dell’esistenza. Chi non sa aspettarsi l’inaspettato, diceva Eraclito, non  troverà la verità. Che è un inno all’attesa ed alla voglia di sorprendersi che chi ha perso  anzitempo smette di cercare, avvilendosi dentro un’insostenibile pesantezza dell’essere.

 

In questo i bambini sono un esempio per molti anziani. Certo non è facile dopo aver accumulato rughe sul viso e solchi nel cuore continuare ancora ad avere ideali e sogni.  Ad una certa età si dorme di meno ed i sogni  talvolta sono rari da ricordare.  L’intrinseco anelito di speranza presente nei progettanti  si è affievolito e  a volte esaurito. Smettere di aspettarsi delle cose è un po’ come smettere di vivere prima ancora di morire e a questo non ci si arriva  unicamente da vecchi. Molti giovani hanno smarrito entusiasmo e  fiducia e coltivano solo previsioni  a breve termine, senza gioia.

 

Si sostiene  che ciò che appare pessimismo sia in vero puro realismo. Una discussione senza fine. La realtà è variegata, mai scontata e presenta comunque delle sorprese anche positive. Il pessimismo è invece un vedere solo il peggio del divenire, prevedendo la scontata mala sorte e ipotizzando uno scopo nella bontà altrui, oppure un finale comunque disgraziato  dopo il   bello che ci è  capitato. Insomma una deturpazione  accanita  della stessa realtà, giusto per non tradire  il flusso cupo che scorre nel cuore.

 

I vecchi talvolta tornano invece  bambini e diventano  giocosi, ingenui, dispettosi ed amabili.  Oppure   mettono su il muso e brontolano, protestano e ricattano.  Sul modo di invecchiare si gioca la qualità  degli ultimi stadi di vita. La fede è un aspetto portante di questa fase  perché c’è chi si rivolge a Dio con uno spontaneo affidarsi  mai  tradito e  c’è chi  invece  vi si aggrappa in modo agnostico, giusto per non perdere il biglietto della lotteria che  non uscirà, ma tanto vale averlo,  non si sa mai.  Nessuno è giudicabile per questo. Né  qui, né riteniamo altrove. Siamo esseri umani e siamo fragili.

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