Psiche e prospettive future

PSICHE & SOCIETA’  ROBERTO CAFISO

 

E’ stato definito il futuro “minaccia” quello dei nostri tempi,  contrapposto a quello “promessa” di qualche generazione fa. E’ un futuro impalpabile ed incerto, sul quale non solo le nuove generazioni ma anche gli adulti puntano sempre meno,  affidandosi al “carpe diem”  che come modello esistenziale presenta diversi svantaggi, primo tra tutti la mancanza di  profondità della vision personale, il cortometraggio degli investimenti emotivi, quelli che danno senso alla vita.

 

Se si vive unicamente di bisogni primari,  dopo un po’, a differenza degli animali programmati  in natura per sopravvivere,  gli uomini affogano dentro i loro perché, vanno in depressione,  ovvero provano ad evitarla con rimedi peggiori del male, accelerazioni ed eccessi comunque a termine, sino al disfacimento personale e da qui alla disfatta. Vivere giorno dopo giorno può andare bene per chi deve frazionare mete a lungo raggio.  Ma il  non avere uno scopo oltre il proprio naso rende ogni giorno insensato.

 

E’ vero che molti fantasticano, sognano mete troppo lontane dai propri  mezzi. Costoro si,  vanno zavorrati con flebo di realismo, ma non si può fondare la propria vita neppure su un calcolo di pro e contro dentro  schemi di opportunismo,più che di opportunità, rendendo ogni cosa calcolabile con interessi subito riscuotibili. Ciò non dà gioia e se sembra darla la trasforma in mero piacere che, per sua natura, tende ad essere ripetuto ad oltranza senza mai appagare,  imprigiona senza  consentire di puntare ad altro. Il poter sognare è altro. Il disegnare il  proprio  futuro è altro.  E per un giovane è indispensabile pensarsi oltre l’oggi, perché solo questo realizza il domani.

 

L’educazione dei bambini non può prescindere dal pensiero immateriale, che da una sponda immaginaria si spinge  sino alla spiritualità,  sottraendolo alla miseria dei miti di cartapesta, cosiddetti concreti,  che non riempiono mai i vuoti interiori e spingono i ragazzi  al nichilismo e, a seguire,  alla violenza, unico do di petto possibile per  dare un sapore  all’insipido. Si arriva a infliggersi dolore fisico per percepirsi  esistenti, ci si spinge a provocarne ai propri simile per provare un’emozione qualsiasi. Acuti malati  in un deserto di atarassia  ed anedonia.

 

Non sanno il danno prodotto quegli educatori che plasmano i bambini in un’unica dimensione: quella del fare e dell’avere che senza quella dell’essere ha il fiato corto e deborda nell’angoscia del vivere. Abbiamo istanze interiori che cercano rimedi e soluzioni intangibili e necessitiamo di un pensiero astratto, capace di guidarci nel contraddittorio, nell’avverso, nel dubbio. Senza queste doti ci schiantiamo di fronte agli accadimenti della vita ed il cinismo non basta a vicariare i sogni che danno gusto all’esistere. Il fallimento dell’economia come dio  venerabile rende oggi più che mai indispensabile rimodulare la speranza,  senza farla passare per la panacea degli stupidi e degli illusi. Anche questo è stato un delitto efferato a danno di generazioni che chiedevano un buon motivo per andare avanti.

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