Psiche e padri

PSICHE & SOCIETA’

ROBERTO CAFISO

 

Il 1968 e successivamente il 1977 sancirono la fine dei padri. La rivoluzione delle idee e i movimenti combattenti negli anni di piombo misero definitivamente sotto terra il padre padrone, il dio detentore di poteri sui figli , discendente  del padre cannibale assassinato e lui stesso cannibalizzato dai figli mentre dormiva per acquisirne i poteri. Vano miraggio con gli inevitabili rimorsi.

 

La mancanza di un padre dal quel dopo in poi nella nostra società non ci fa rimpiangere quel genitore egocentrico e dotato di autorità indiscutibile per diritto divino, assente nelle relazioni ma presente nelle prescrizioni , armato di bastone e fedele solo al mandato del mantenimento della specie all’interno della propria tribù.

 

La rivolta contro i padri è un dato storico costante, ma nell’ultimo trentennio del secolo scorso essa ha avuto una svolta definitiva, soppiantando il concetto di autorità e non trovando di meglio che modelli  votati alla simmetria coi figli, padri invisibili e non più non temuti, predicatori non ascoltati. Figure di cui apparentemente i figli non hanno avvertito più il bisogno.

 

La debolezza dei padri è l’esito di una rivoluzione iniziata per consunzione di questi modelli, per la loro incredibilità alla luce dell’era moderna ove i genitori segnavano  il passo perché diventati ignoranti  pur pretendendo di dettar  ancora legge. Al loro posto i padri amici, i padri colleghi, i padri adolescenti, i padri latitanti. Feticci di carta velina con un mandato genitoriale trasparente.

 

Ci si dibatte ad oggi per comprendere quale possa essere la funzione più saliente di un padre in rapporto al figlio. Qui si ritiene che  debba essere l’ascolto e la presenza. Il bambino nasce gridando e spesso il vecchio muore lamentandosi. Sono il dolore e la paura le due rappresentazioni  più drammatiche  dell’esistenza dove l’individuo è  solo ed atterrito.

 

Il compito di un padre non è togliere il dolore, anestetizzando l’esistenza. E’ esserci mentre il dolore si manifesta, ascoltarlo e da esso far apprendere,  rispondendo alle istanze di sostegno e talora di conforto. Ciò che caratterizza le persone che ci amano non sono i fuochi d’artificio emotivi, gli scoppi  di intensità affettiva, ma la costanza che si sostanzia  nell’esserci  nei momenti salienti, nel poter contare su qualcuno che  sappiamo che c’è comunque  e non ci disattenderà.

 

L’autorevolezza tanto reclamata nei padri nasce da questa evidenza. Il figlio percorre le sue strade, anche confusive, contraddittorie, sbagliate, ma può contare su un padre che non si sottrae in presenza, ora accanto, ora dietro, ora di fronte, a muso duro,  a dire : no, così non va. Un padre che sa diventare relazione e legame  è un padre che sostiene e conforta..

 

L’eredità di un adulto al proprio figlio è trasmettergli i rudimenti di una modalità di funzionamento, di un credo. Il figlio dovrà elaborarlo e rifare un percorso personale per ritrovare, adattato al suo tempo, il patrimonio tramandato. I padri che possono lasciare solo eredità materiali hanno lasciato i figli soli e per lo più li hanno abbandonati  al proprio destino sul quale  non sono stati in grado di incidere.

 

Alla madre l’accudimento, al padre l’ascolto partecipato. Le disfunzioni comportamentali di un ragazzo nascono fondamentalmente dal non saper analizzare i problemi che la vita presenta e risolverli. Per insicurezza strutturale. Come quando le fondamenta di un palazzo non sono state forgiate col cemento armato. I figli soli ed inascoltati sono fragili, arrabbiati  sino a  farsi del  male  cercando altrove risposte mai trovate in famiglia.

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