Psiche e malattie mentali

ROBERTO CAFISO  ( da LA SICILIA del 21.11.14 )

LE MALATTIE INVISIBILI : QUELLE CHE SI IGNORANO O SI RIMUOVONO…

 

Sono chiamati  fragili, ma per la verità vengono considerati pazienti scomodi. Sono i malati di mente ed i tossicodipendenti, che teoricamente all’interno del sistema sanitario,  hanno pari dignità con infartuati, oncologici ed altre  patologie, ma che  nelle convinzioni di molti ( operatori sanitari inclusi ) sono essenzialmente persone  difficili,  da abrogare, ma  che -  non potendolo fare  – si prova  ad  ignorare . Sono malati  invisibili, sovente come chi li cura.

 

Questione di  mentalità o, se volete, di   cultura. All’interno di entrambe c’è la sensibilità verso chi soffre  ed il riconoscimento della malattia come condizione di disagio che di certo nessuno si sceglie volontariamente.  Oppure non c’è . Né i “matti”, né i “drogati”, categorie accumunate da una sorta di fastidio camuffato  da pietismo, con l’idea inconfessata dell’irreversibilità della loro condizione. E se non  guariscono costoro  vanno mantenuti più o meno costosamente malati. Sedati, inanimati e  posti nella condizione di non nuocere. Attorno,  interessi  di imprenditori che si “prendono cura” di questa fetta scomoda di persone ed una manciata di operatori, che fanno ciò che possono, nell’eco del ritornello  della mancanza di risorse. I progetti terapeutici individualizzati restano sulla carta.

 

Pazienti non sempre ubbidienti, dissacratori e  talvolta aggressivi sia per condizione, sia per modalità relazionali errate . I trattamenti sanitari obbligatori sono i rimedi tout court con cui uno   “ stato di agitazione psicomotoria” (  altro icona  del tutto e del nulla )  viene decretato pericoloso.  Da lì la proposta di TSO, la  convalida ( di norma scontata per non far torto al collega ), i vigili urbani di scorta,  l’ambulanza ed il  trasporto al “ più vicino Servizio psichiatrico di diagnosi e cura” , che tuttavia certe volte è a centinaia di chilometri della residenza del paziente, sino talvolta a trovarsi  fuori regione. Immaginate il trauma per un paziente sconosciuto al personale dell’SPDC  ove piomba dopo molte ore  di viaggio l’ambulanza. Immaginate il suo frastuono interiore nell’essere “assicurato” ( cioè legato al letto ) nel dubbio di possibili  passaggi all’atto.  Immaginate il disagio dei familiari ad arrivare sino all’ospedale ove il congiunto è finito. Ed immaginate il malessere cronico  del personale di questi servizi, ridotto all’osso,  stanco, a volte demotivato, senza tourn over  e caricato di straordinario che incrementa il bournout .

 

Non si è malati di mente o tossicodipendenti e basta.  Si è anche sfortunati per questa latente concezione medievale di colpa  che dalla malattia deriva. Ma non lo si è  ( sfortunati ) in ogni parte d’Italia. Vi sono servizi   in cui viene assicurata dignità al paziente ed altri dove esso non potrà che cronicizzarsi, avvalorando la tesi della sua irrecuperabilità e scivolando così verso  misure deprivanti , incluso il ricorso  alle comunità terapeutiche, dove si può essere allocati  non per i 24 mesi previsti, ma per  interi decenni. Come nei manicomi.  Budget di salute ? Storno di fondi per progetti  di inserimento sociale ? Borse lavoro ? Case famiglia con gestione integrata pubblico – privato ? Restituzione mirata al territorio ? Espressioni concettuali  lungimiranti, ma spesso stoppate  dalla miopia  dei decisori.

 

Malati di mente e tossicodipendenti, categorie rigide, che non possono ammalarsi d’altro.  Problemi epatici, cardiocircolatori, nefrologici,  chirurgici :  guai allo psicotico o al tossicodipendente  che vi si ammala,   perché in reparti di degenza questi pazienti non sono graditi,  col risultato di procrastinare interventi medico – chirurgici e far peggiorare la condizione clinica. Chi si occupa  di pazienti fragili  non prende  mai  medaglie. Lavora negli scantinati o in luoghi talora privi di spazi vitali adeguati.  Storie di ghetti in scatole cinesi, ove riescono a  sbocciare miracoli, guarigioni, per l’impegno di operatori che fanno bene il proprio lavoro .  Solo queste le sole risorse ?  E’ umiliante solo pensarlo, perché è ancor più  triste convenire che solo incappando nel  problema ci si rende conto di questo universo. La malattia mentale e la dipendenza da sostanze d’altronde sono  “condizioni democratiche” . Non guardano né al ceto, né al censo. E quando arrivano inaspettate, fanno dire ai ben pensanti : “ non  immaginavo ….”.  Come se  per pensarci seriamente  occorre finirci dentro in qualche modo.

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