Psiche e Gelosia

ROBERTO CAFISO DA LA SICILIA DEll’11.9.15

 

SDOGANARE LA GELOSIA DAI SENTIMENTI NEGATIVI PER VIVERE MEGLIO….. 

 

La gelosia e la rivalità sono considerati due sentimenti negativi. Da nascondere e non ammettere manco sotto tortura. Grave errore, frutto di educazioni  confessionali , buoniste e perciò ipocrite,  visto che la gelosia ad esempio è  a sostegno dell’autostima e dell’identità personale e la rivalità è un suo strumento adattivo. E ovvio che entrambe devono essere slatentizzate  per il migliore adeguamento possibile. L’ adattamento  prende infatti  in considerazione   se stessi e   gli altri. Un’operazione di mediazione  psicologica e sociale irrinunciabile, se non si vuol vivere in costante malanimo e distanti  da sé.

 

La gelosia, che può sfociare in ostilità e persino in  odio  è ontologica.  E’ descritta non a caso sin dai tempi di Caino e Abele. E nasce per lo più in famiglia. Tra il  primogenito e gli altri fratelli. I meccanismi di negazione del vissuto partono dai familiari, che si sforzano di vedere amore ed armonia tra la prole e  cercano di persuadere pure la “parte lesa”, l’ex figlio unico  che ora deve spartire il regno familiare  con un fratello più piccolo e bisognoso. Ed il bimbo spodestato  si sforzerà  di persuadersi che è lieto del nuovo arrivo e che la famiglia adesso è più felice. Un convincimento indotto dai genitori ed  improbabile per il bambino che prova ben altri sentimenti.

 

Una pietoso bluff,  insomma.  Perché la tendenza primordiale degli esseri umani è egocentrica e diffidente verso il prossimo. Dalla notte dei tempi, per ragioni di cibo e di sopravvivenza. Non siamo costretti tuttavia  a restare animali o uomini delle caverne. Purché  accettiamo di partire tutti da questa base. La gelosia  non  accettata  nel tempo si evolve e può diventare un trend che scantona nell’invidia e nell’ostilità  generalizzata . Trattarla vuol dire non viverla come un difetto o una colpa, ma  riderci persino sopra, ammantarla del  senso di un comune destino dell’intera  umanità. I demoni si esorcizzano guardandoli in faccia, mai fuggendone. Per   capire che non sono più forti delle nostre consapevolezze . Niente di ciò che è dentro di noi  può essere  più forte di noi. E’ un principio anche fisico: il contenuto non può mai essere più capiente del contenitore.

 

La gelosia si supera  dunque  dandole del tu,  capendo che essa è una tendenza universale. La rivalità può essere, se analogamente esposta, una molla emulativa, che può  spingerci a misurarci con i nostri limiti, andandovi  oltre ed acquisendo maggiore  fiducia in  se i stessi, mentre ci si allarga al mondo. Viceversa può diventare un alibi disfattista, il pretesto per guardare sempre agli altri esentandoci da ogni responsabilità e capacità di agire.  Di certo il mondo migliore per vivere infelicemente, vendendo chiunque altro più fortunato di noi. La  “sindrome di Calimero”  ha come base  spesso   gelosie ed invidie  mai superate.

 

Non si dovrebbero mai catalogare i sentimenti in buoni e cattivi. Essi sono sentimenti e nessuno in assoluto  ne è esente. La gelosia e la rivalità conosciute per la prima volta in famiglia non sono due status emotivi abietti, ma solo il tentativo di reagire quando ci si sente franare il terreno  affettivo  sotto i piedi. Compito dei genitori con figli in tenera età è da un lato non parteggiare, dall’altro comprendere il disagio evidente o velato e rassicurare  il figlio spodestato dal trono. E’ la prima esperienza esistenziale  che può fare  di necessità virtù e  che può  insegnare  partecipazione e condivisione, senza farle apparire una sconfitta,  al di là dei sorrisi forzati  e degli abbracci e bacetti indotti  tra fratelli.  Felici, ma come da copione.

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